Quando l’acqua segna il territorio, ovvero
la magia di natura
Il suggestivo paesaggio che si determina quando l’acqua segna il territorio, in un continuo contrappunto tra colori e luce, è ben descritto dallo scrittore Nievo nel capitolo IX de Le Confessioni. A narrare è il protagonista Carlino, mentre rientra al castello di Fratta da Venezia, “…imbarcato ch’io fui col mio fardelletto sulla corriera di Portogruaro… Mano a mano che mi allontanava dalla laguna per entrare in quel laberinto di fiumane, di scoli e di canali che uniscono a Venezia il basso Friuli, mi si abbuiavano nella mente le vicende di quell’ultimo anno, e quelli vissuti prima vi ricomparivano col guizzante barbaglio dei sogni. Mi pareva che la barca, nella quale era, mi rimenasse verso il passato, e che ogni colpo di remo distruggesse un giorno della mia vita, o, per meglio dire, mi riconquistasse uno dei giorni trascorsi. Niente dispone meglio alla meditazione, alla mestizia, alla poesia, che un lungo viaggio traverso a paludi nella piena pompa dell’estate. Quegli immensi orizzonti di laghi, di stagni, di pelaghi, di fiumi, inondati variamente dall’iride della luce; quelle verdi selve di canne e di ninfee, dove lo splendor dei colori gareggia con la forza dei profumi per ammaliare i sensi, già spossati dall’aria grave e sciroccale; quel cielo torrido e lucente che s’incurva immenso di sopra, quel fremito continuo e monotono di tutte le cose animate e inanimate in quello splendido deserto mutato per magìa di natura in un effimero paradiso, tutto ciò mette nell’anima una sete inesauribile di passione, e un sentimento dell’infinito.
C’è un percorso sottile che unisce il castello di Fratta, casa Provedoni, il piazzale della Madonna di Cordovado, la fontana di Venchieredo e i mulini di Stalis ed è il filo dei ricordi infantili del protagonista Carlino Altoviti, raccontati dall’ottuagenario narrante nei primi cinque capitoli de Le Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo. Nelle scorribande per viottoli di campagna, Carlino ‘spaziava nel mondo’ nuovo e tutto diverso da quello della ‘cipria e dei buli’, vivendo appieno l’incanto magico della natura e delle travolgenti passioni umane.
Oggi le tracce di questi itinerari sono ancora visibili e fruibili, sottolineate dall’incomparabile scenario del paesaggio naturalistico dei “… tranquilli orizzonti delle praterie fra Cordovado e Fratta, le belle acque correnti in mezzo a campagne smaltate di fiori, i cespugli odorosi di madresilva e di ginepro…” (cap. XVIII).
Sono i “paesaggi dell’anima”, uno scrigno dove la bellezza si conserva quasi magicamente, alimentando emozioni a ogni passo. Come diceva il poeta Biagio Marin della sua laguna di Grado: “Parlare del volto della propria terra è come parlare della propria madre e della bellezza della propria amata”.
Da Mondina al Voltòn del Lemene passando per la Fontana di Nievo
Si parte da via Cordovado, accanto al sottopasso della ferrovia, prendendo sulla sinistra la Via della Ferrovia che porta al vecchio casello, seguendo il corso di una piccola roggia. La conformazione del terreno circostante rileva in modo evidente le tracce di un antico alveo del Tagliamento. Si prosegue, quindi, sul viottolo che corre nei pressi del binario ferroviario fino a una biforcazione: tenendo la destra si giunge poco distante dalla nieviana e pasoliniana fontana di “Venchieredo”, svoltando invece a sinistra si percorre l’argine sinistro del rio Venchiaredo, lungo un sentiero talvolta alberato, che porta alla sua confluenza nella suggestiva ansa del Lemene (il “Voltòn). Poco più su si immette anche l’Acqua di Venchiaredo. Il paesaggio che si scorge in questo punto è straordinario: un orizzonte di campi, alberi, acque scintillanti e cielo che sembra perdersi all’infinito. Non è raro imbattersi in alcuni esemplari di anatre selvatiche che, starnazzando, si alzano all’improvviso in volo. Forse è questo lo scorcio che più evoca alla mente la “magia di Natura” delle più belle pagine de Le confessioni di Ippolito Nievo: “… me n’andava invece a svampar l’affanno nella frescura dei prati e sulla sponda del rio”. Il viottolo del lungo-Lemene penetra subito dopo dentro un boschetto e corre talvolta incerto, poi, dopo una salitina, si fa più marcato, fino a sbucare in via Macchiavelli, una laterale di via Cordovado. Si completa così l’anello di una camminata di grande suggestione naturalistica.
Passeggiata ciclopedonale
tra i campi del paesaggio letterario (da Stalis a Giai e ritorno)
Da via Stalis si raggiunge la chiesa S. Tommaso di Bagnara percorrendo il viottolo del Giralemene (stradella via Stalis) che porta alla via Nievo, dove si gira a destra (a sinistra c’è il lago Acco). In fondo a questa strada si svolta a destra su via Cordovado che si percorre fino alla rotonda.
Di fronte alla chiesa di S. Tommaso si prende via Orte, inoltrandosi tra i campi lungo la “passeggiata cicloturistica ponte sul fiume Versiola”; al termine si svolta a sinistra in via Molino. Alla rotonda si prosegue su via S. Angelo e, alla chiesetta omonima, si prende a sinistra il viottolo Vidimezzo. In fondo si svolta a destra percorrendo tutta via Boldara fino all’incrocio dove si prosegue su strada Ronci; nei pressi del centro di Giai si svolta a destra sulla via Piancata che porta a Borgo Ronci. Ci si inoltra, quindi, su via Fontana, percorrendola fino alla via Marconi, dove si svolta a destra. All’incrocio tra via S. Angelo e via Boldara si prende quest’ultima e, subito dopo, si va a sinistra in via Lemene che si percorre tutta; al termine si svolta a sinistra verso il centro di Bagnara. Alla rotonda si prosegue su via Manzoni fino all’incrocio dove inizia via Bagnarola, svoltando a sinistra in via Bosco. Prima di una semicurva si va a destra sulla stradella Via Piantine o Plantinis; all’incrocio si gira a destra su stradella di S. Pietro (ciclopedonale che da via Piave porta a S. Pietro. La stradella Piantine prosegue, invece, come viottolo fino al centro di Versiola). Si transita sul ponticello in legno del fiume Versiola, poi, attraversata via Borgo di sotto, si prosegue in via Stalis, raggiungendo i mulini omonimi.